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Incisione endoscopica dell’uretere e del giunto pielo-ureterale

f_02La patologia ostruttiva del giunto pielo-ureterale e dell’uretere può essere su base congenita (displasia del giunto) o acquisita, generalmente su base iatrogena (chirurgia dell’uretere, chirurgia ginecologica).

Un capitolo a parte è costituito dalle stenosi anastomotiche uretero-intestinali dopo derivazione urinaria o ricostruzione di neovescica nei pazienti sottoposti a cistectomia.
Le patologie di cui sopra venivano tradizionalmente trattate «a cielo aperto» fino a pochi anni fa, e ancora vi è chi sostiene la superiorità dell’approccio chirurgico classico rispetto alle tecniche mininvasive.

Va tuttavia sottolineato che l’approccio endourologico ha trovato negli ultimi anni numerosi sostenitori, soprattutto per le seguenti ragioni:
– la morbilità perioperatoria è minore, in particolare per le stenosi anastomotiche e post chirurgiche in genere;
– i risultati a distanza sono buoni con percentuali di successo attorno al 75-80 per cento, che cioè si avvicinano così  al 90% di quelli ottenuti «a cielo aperto»;
l’approccio endourologico non preclude un eventuale ricorso alla chirurgia tradizionale in caso di insuccesso.

L’incisione con laser a olmio, analogamente a quanto riferito circa il trattamento dei tumori uroteliali, ha il vantaggio di indurre un minor danno termico (e quindi una minore risposta cicatriziale dei tessuti) rispetto all’elettrobisturi.

Può essere effettuata attraverso diverse vie d’accesso a seconda del tratto di uretere interessato e del tipo di ostruzione.
La displasia giuntale si presta sia al trattamento per via ascendente (transureteroscopica) sia discendente (percutanea transnefrostomica), relativamente più invasiva e riservata soprattutto ai casi con voluminosa calcolosi renale associata all’ostruzione.
La via discendente è invece pressoché obbligata per le stenosi anastomotiche, data l’estrema difficoltà che si incontra a visualizzare e incannulare il neo-meato ureterale stenotico attraverso l’ansa ileale.
In tutti gli altri casi di stenosi ureterale, la via ascendente è oggi considerata la via di elezione.

Qualunque sia l’accesso, sono generalmente sufficienti basse potenze (al di sotto dei 10 W) per eseguire l’incisione, che di norma deve interessare la parete a pieno spessore fino al tessuto lasso peri-ureterale e richiede l’utilizzo postoperatorio di un tutore ureterale a permanenza per almeno 6 settimane.
Naturalmente, una corretta indicazione ha grande importanza ai fini del risultato: le stenosi su base ischemica o dopo radioterapia, come pure quelle dovute a compressione neoplastica ab estrinseco, rispondono poco all’endoureterotomia con laser a olmio così come a qualunque tipo di incisione endoscopica, e la quota di funzionalità renale residua è un parametro predittivo altrettanto importante per il successo del trattamento.
Non sempre però è indicata la via endoscopica: per esempio le possibilità di successo sono scarse se il rene è poco funzionante e le vie urinarie molto dilatate (circa 50%).

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