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Prostatectomia Radicale

Per Prostatectomia radicale si intende l’intervento chirurgico che prevede l’asportazione in blocco della prostata e delle vescicole seminali con la successiva anastomosi della vescica con il moncone uretrale. È attualmente considerata il “gold standard” per la cura del tumore prostatico localizzato per le elevate percentuali di guarigione.

Indicazioni

Sebbene il miglioramento della tecnica chirurgica (ad esempio tecnica “nerve-sparing”) abbia consentito una riduzione delle complicanze post-chirurgiche, la loro frequenza e l’impatto sulla qualità della vita dei malati impongono una accurata selezione dei pazienti.

La selezione del paziente candidato a tale intervento dipende dallo stadio clinico, dall’aspettativa di vita e dalle condizioni psicofisiche.

Indubbiamente, nel corso degli ultimi anni, i criteri di selezione dei pazienti da sottoporre a prostatectomia radicale sono diventati più stringenti, anche grazie all’uso di nomogrammi predittivi dello stadio di malattia.

Tuttavia, dai dati di letteratura si evince che tra il 14% ed al 41% dei pazienti operati presentano coinvolgimento dei margini chirurgici all’esame patologico definitivo. Di questi pazienti il 33-62%, presenta una ricaduta biochimica. Peraltro, la probabilità di ricaduta locale nei pazienti con margini chirurgici positivi è di circa il 50%, e il trattamento radiante post-operatorio, dai dati di letteratura disponibili, riduce tale rischio di oltre il 50%.

In genere è ritenuto candidabile ad intervento di prostatectomia radicale, con intento curativo, il paziente con neoplasia prostatica clinicamente localizzata, con aspettativa di vita di almeno 10 anni e in condizioni generali soddisfacenti.

Lo scopo che l’intervento si propone è quello di rimuovere chirurgicamente tutto il tumore, consentendo la guarigione del paziente. Tuttavia occorre ricordare che, purtroppo, all’analisi istologica sul pezzo asportato in una alta percentuale di casi, superiore al 40%, il tumore risulta non essere confinato nella prostata o presentare margini di sezione positivi. In questi casi potrebbe rendersi necessaria una terapia complementare quale la radioterapia o la ormonosoppressione.

Complicanze

La prostatectomia radicale è considerata un intervento di chirurgia maggiore e come tale non è scevro da complicanze.
Il tasso di mortalità peri-operatoria, cioè quello che avviene nei trenta giorni susseguenti all’intervento chirurgico, varia dall’1 al 4,6%; mentre la mortalità operatoria è inferiore allo 0,5%.
Le complicanze dell’intervento di prostatectomia radicale si possono suddividere in tre gruppi (Globalmente la frequenza di tali complicanze varia dal 7,5 al 18,5%):

Complicanze intra-operatorie

l’emorragia intra-operatoria si verifica in meno del 10% dei casi con una perdita di sangue che mediamente non supera i 1.200/1.500 ml. La perforazione della parete rettale viene riportata nello 0,1/0,2% dei casi; mentre le lesioni ureterali hanno un’incidenza variabile dallo 0,1 al 4,7%. La perforazione rettale se minima è riparata nel corso dell’intervento stesso; se la lesione rettale è di dimensioni più cospicue e la sola riparazione non da sufficienti garanzie, si è soliti confezionare una colostomia temporanea per permettere una più sicura guarigione. Le lesioni ureterali invece necessitano di solito di un reimpianto dell’uretere in vescica.

Complicanze post-operatorie

Le complicanze post-operatorie precoci (fino a 30 giorni dopo l’intervento chirurgico): complicanze trombo-emboliche 0,7-2,6%, cardiovascolari 1-4%, infezioni di ferita 0,9-1,3%, linforrea o linfocele 0,6-2%.
La stenosi dell’anastomosi vescico-uretrale viene riportata in una percentuale variabile tra lo 0,6 e il 32% dei casi ed è solitamente trattabile per via endoscopica.

Complicanze tardive

Tra le complicanze tardive (dopo trenta giorni dall’intervento chirurgico) vanno menzionate a parte l’incontinenza urinaria e l’impotenza sessuale.
Nelle casistiche disponibili sulle prostatectomie radicali l’incidenza dell’incontinenza totale varia dallo 0 al 12,5% dei casi.
Il ricupero della potenza sessuale spontanea è condizionato alla scelta di una tecnica (nerve sparing) applicabile solo in alcuni casi (tumore di basso grado, monolaterale in paziente di età inferiore ai 70 aa) che permette di mantenere la potenza sessuale nel 50-70 % dei casi. Comunque la disponibilità di farmaci ed altri presidi chirurgici permettono ai pazienti di avere una vita sessuale attiva anche nei casi in cui non è possibile conservare la potenza sessuale.

L’intervento di prostatectomia radicale preceduto dalla linfoadenectomia ha una durata di circa 2 h e 30’ e viene eseguita in regime di ricovero ordinario con una degenza variabile da 5 ai 7 giorni.

Convalescenza

La convalescenza per questo tipo di intervento è di circa 20-30 giorni dalla dimissione.

Controlli

Il primo controllo viene effettuato a distanza di 30 giorni con una determinazione del PSA, un esame di urine ed una urinocoltura e una flussometria con residuo; mentre i successivi controlli, variabili da caso a caso, saranno programmati mediamente alla distanza di 3 mesi dopo la prima visita.

Descrizione della tecnica

L’intervento viene effettuato attraverso una incisione mediana che va dall’ombelico alla sinfisi pubica; superati i piani muscolari si procede  alla prostatectomia radicale le cui fasi si possono riassumere nei seguenti punti:
1) sezione dei legamenti pubo-prostatici
2) legatura del complesso venoso dorsale
3) sezione dell’uretra
4) mobilizzazione della prostata delle vescicole seminali e sezione dei vasi deferenti
5) sezione della giunzione prostato-vescicale
6) ricostruzione del collo vescicale
7) anastomosi vescico-uretrale.

Risultati

Dopo prostatectomia radicale sono riportate sopravvivenze libere da malattia a 15 anni intorno all’85% in media.
Dopo tale intervento, il PSA sierico non dovrebbe essere più dosabile. La persistenza di livelli dosabili di PSA è indice di mancata radicalità dell’intervento. La ricomparsa di livelli dosabili di PSA è espressione di ricaduta della malattia.

Pertanto, la progressione biochimica è il miglior indice per valutare il controllo della malattia e varia dal 77% all’83% a 5 anni. Le percentuali di progressione sono in rapporto allo stadio clinico, al punteggio di Gleason relativo alla biopsia ed ai livelli di PSA prima dell’intervento. Dopo la prostatectomia, il fattore prognostico più importante è lo stadio patologico.

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